L’APA (American Psychiatric Association) ha pubblicato, nel maggio 2013, il DSM-5 (la quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), che ha introdotto numerose novità per le persone che soffrono di disturbi alimentari.

Definizione

Il DSM-5 fornisce la seguente definizione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Quali sono i disturbi alimentari?

Il DSM-5 include i seguenti disturbi alimentari, tra cui i primi tre riguardano soprattutto l’infanzia:

  • Pica
  • Disturbo di ruminazione
  • Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo
  • Anoressia nervosa
  • Bulimia nervosa
  • Disturbo da alimentazione incontrollata
Pica

La caratteristica essenziale è l’ingerire uno o più sostanze non nutritive e non alimentari per un periodo di almeno un mese. Le sostanze tipicamente ingerite variano in base all’età e alla disponibilità e possono includere carta, sapone, capelli. Non c’è avversione nei confronti del cibo. Inoltre, l’ingestione di sostanze è inappropriata rispetto al livello di sviluppo dell’individuo e non deve fare parte di una pratica culturalmente sancita.

Disturbo di ruminazione

Il disturbo di ruminazione richiede il rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, deglutito nuovamente o sputato, per almeno 1 mese, che il rigurgito non sia attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o ad altra condizione medica.

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

Si presenta l’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo per tre motivi principali: 1) apparente mancanza d’interesse per il mangiare o il cibo; 2) evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; 3) preoccupazioni per le conseguenze avversive del mangiare. L’evitamento o la restrizione producono un persistente fallimento di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate determinando una o più delle seguenti conseguenze: 1) perdita di peso significativa (o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini); 2) deficit nutrizionale significativo; 3) funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali; 4) marcata interferenza con il funzionamento psicosociale. Non è presente la preoccupazione per il peso e la forma del corpo né deve manifestarsi durante il decorso dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa. Infine, il disturbo non è dovuto a una mancanza nella disponibilità di cibo o a un’altra malattia medica o mentale.

Anoressia nervosa

I criteri diagnostici DSM-5 dell’anoressia nervosa:

  • Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
  • Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
  • Alterazione del modo in cui viene vissuto il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.
  • Tipo con restrizioni: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.
  • Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Bulimia nervosa

I criteri diagnostici DSM-5 della bulimia nervosa:

  • Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti :
  • Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.
  • Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).
  • Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.
  • Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
  • I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.
  • L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Disturbo da binge-eating o disturbo da alimentazione incontrollata

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da binge-etaing:

  • Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:
    • Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.
    • Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).
  • Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:
    • Mangiare molto più rapidamente del normale.
    • Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.
    • Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.
    • Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando.
    • Sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio.
    • È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.
  • L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
  • L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa.
Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione

Anoressia nervosa atipica. Sono soddisfatti tutti criteri per l’anoressia nervosa, salvo che nonostante una significativa perdita di peso, il peso dell’individuo è all’interno o al di sopra del range di normalità.

Bulimia nervosa (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per la bulimia nervosa, salvo che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

Disturbo da binge-eating (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per il disturbo da binge-eating, salvo che le abbuffate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

Disturbo da condotta di eliminazione. Ricorrenti condotte di eliminazione per influenzare il peso o la forma del corpo (per es. vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci) in assenza di abbuffate.

Sindrome da alimentazione notturna. Ricorrenti episodi di alimentazione notturna, che si manifestano mangiando dopo il risveglio dal sonno oppure l’eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale.

 

Cause dei disturbi alimentari

I disturbi alimentari sono molto complessi e a genesi multifattoriale, le cause sono molteplici e, almeno in parte, diverse da persona a persona.

Attualmente gli studiosi sono concordi su un modello che spiega l’insorgenza e il permanere dei disturbi alimentari attraverso tre tipi di fattori di rischio:

  •  i fattori predisponenti, ossia tutti quei fattori genetici, psicologici o ambientali, che aumentano la vulnerabilità di una persona a sviluppare il disturbo. Ad esempio fattori di predisposizione genetica (non ancora identificati, ma presenti), la presenza di familiari che soffrono o hanno sofferto di un disturbo alimentare, avere una bassa autostima, le difficoltà interpersonali, il perfezionismo, essere insoddisfatti del proprio corpo, l’abuso di alcolici o di sostanze;
  • i fattori precipitanti, che consistono in eventi o situazioni che scatenano l’insorgenza del disturbo. Questi possono essere costituiti da lutti, aggressioni, separazioni da persone care, ma anche da eventi meno gravi come un fallimento scolastico o cambiamenti fisiologici nel ciclo di vita;
  • i fattori di mantenimento, che impediscono il ritorno alla normalità. Questi sono i fattori sia psicologici, fisici e ambientali, che costituiscono il circolo vizioso di mantenimento della malattia.

 

Cura dei disturbi alimentari

Per la maggior parte delle persone che soffre di disturbi alimentari, la consapevolezza di avere un problema è scarsa e la paura di affrontare un cambiamento molto forte.

Questo è il motivo per cui molte di esse, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, non chiedono aiuto o rifiutano addirittura un approccio terapeutico.

Se la persona non è ancora in grado di intraprendere un vero e proprio trattamento, viene di solito iniziato un percorso motivazionale, ossia un percorso psicologico che ha lo scopo di portare la persona a desiderare il cambiamento e la guarigione.

Essere motivati al cambiamento vuol dire:

  • essere consapevoli di avere un disagio/un problema
  • sentire che la situazione così com’è crea sofferenza
  • credere nella propria possibilità di cambiare
  • essere disponibili a mettersi in gioco
  • avere la forza e il coraggio di chiedere un aiuto

L’approccio più efficace per il trattamento dei disturbi alimentari è quello multidisciplinare e integrato: è necessaria una collaborazione tra diverse figure professionali.

Le tappe fondamentali del trattamento nei disturbi dell’alimentazione sono ben riassunte dalle linee guida dell’American Psychiatric Association (APA, 2012):

  • diagnosticare e trattare le complicanze mediche
  • aumentare la motivazione e la collaborazione al trattamento
  • aumentare il peso corporeo (per l’anoressia)
  • ristabilire un’alimentazione adeguata
  • affrontare gli aspetti sintomatologici (dieta, digiuno, vomito, abuso di lassativi, diuretici, iperattività)
  • correggere i pensieri e gli atteggiamenti patologici riguardo al cibo e al peso
  • curare i disturbi psichiatrici associati al disturbo dell’alimentazione
  • cercare la collaborazione e fornire sostegno ed informazioni ai familiari
  • aumentare il livello di autostima
  • prevenire le ricadute

 

N.B.: per una descrizione dettagliata e la spiegazione del DSM-5 e dei criteri diagnostici dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione si rimanda alla seguente pubblicazione: American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing, 2013. Edizione italiana: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina, 2014.

 

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